domenica 21 dicembre 2008

L'assassinio di Moro: Storia di interessi contrapposti e di solitudine
Per ricordare Aldo Moro
di Alberto Minafra

Alberto Franceschini, fondatore assieme a Curcio delle BR, in un convegno al Politecnico di Torino, sostenne che le BR assomigliavano al Po, e così come i contadini delle valli incanalano il fiume sfruttandone la sua forza dirompente, così le BR sono state lasciate crescere, infiltrate da più parti, incanalate e utilizzate.
Certo che, se pure bollato dal PCI come un "sedicente" fenomeno degenerativo da sottovalutare, e interpretato dal movimento operaio come "compagni che sbagliano", questo fiume affonda le sue radici profonde in quell'area dell'ultrasinistra legata all'autonomia, e tra le fronde leniniste più radicali, entrando perciò di diritto nella storia della sinistra italiana, con una propria dimensione storica e sociale.
Ma è pur vero che questo fiume si è trovato a scorrere in un "paese di frontiera", puntello di un delicato equilibrio tra "est" ed "ovest"; nel paese dove Gladio, la P2 ed i servizi deviati operavano liberamente, inserite e protette da una logica comune di appartenenza al patto Atlantico.
Per cui, non risulta difficile condizionare, attraverso infiltrazioni o azioni repressive indirizzate adeguatamente verso solo alcuni obiettivi, un movimento integralista in cui genuinità rivoluzionaria ed ingenuità politica si confondono.
Ecco perché credo che, più del lavoro di ricostruzione storica, fatta di nomi, di sigle e di date, e di un monitoraggio dei risultati giudiziari, sia importante leggere il fenomeno attraverso una dinamica complessa di rapporti di forze, che se pure generate da sorgenti diverse, trovano lo stesso punto di applicazione.
Innanzitutto, ragionando per somme linee, nella parabola delle BR, possono essere identificate almeno due fasi: una prima, le BR di Curcio-Franceschini, evoluzione di un'area antagonista che fermentata nel Collettivo Metropolitano a Milano, dopo il "convegno di Chiavari" decide la via della lotta armata e passa dalle prime azioni dimostrative, ad alzare il tiro col sequestro Sossi, fino agli anni '75-'76, quando il nucleo dei "capi storici" viene smantellato (la Cagol giustiziata dai Carabinieri alla cascina Spiotta, Curcio e Franceschini arrestati alle porte di Pinerolo).
Si salva solo Moretti che prende il comando militare e gestisce il sequestro Moro attraverso la direzione strategica di Sensani: è questa una seconda fase le cui pagine sono tutte da scrivere, anche se dalle analisi del politologo Giorgio Galli, dalle ricostruzione del sen. Flamigni e dal recente lavoro di sintesi del sen.Pellegino, emerge in maniera sempre più certa della eterodirezione delle Br di Moretti-Sensani., fino addirittura a sospettare l'esistenza di una "tecnostruttura" sovrastante che operava giocando su due sponde, attraverso il terrorismo sia rosso che nero, (destabilizzare per stabilizzare).
Il punto di applicazione su cui queste forze, nella primavera del '78, trovano tragica applicazione è Aldo Moro.

Rispondendo alla domanda di Costanzo su chi avesse ucciso suo padre, MariaFida, figlia dello statista, rispose: "il grande potere".
In effetti Moro rappresentava politicamente il punto più alto dell'apertura al governo alle forze comuniste attraverso la strategia del compromesso storico, condotta insieme a Berlinguer, osteggiata dall'America a tal punto da subire velate minacce direttamente da Kissinger, ma rappresentava anche uno dei principali interpreti di una politica filoaraba sgradita alle lobby ebraiche.
Tra i vari modi per ricordare la triste fine di Aldo Moro, il ripercorre asetticamente la drammatica cronistoria dei 55 giorni del sequestro, mi sembra la più adeguata, in quanto dobbiamo sempre ricordare che, aldilà dello statista e dei segreti da esso rivelati nella prigionia, aldilà di ragioni di stato che si contrappongono a velleità rivoluzionarie, vi è la drammatica vicenda di un uomo sequestrato e mai restituito, vi è la disperazione di familiari ed amici, vi è la solitudine di molti cittadini che in quei giorni si saranno posti molte domande, ed ancora sperano di trovare risposta.
Marzo 1978
Giovedì 16: Le BR rapiscono Aldo Moro, Presidente della DC; nell'agguato vengono uccise le sue cinque guardie del corpo. In Parlamento, il nuovo governo, capeggiato da Andreotti ottiene uno schiacciante voto di fiducia. La nuova maggioranza comprende per la prima volta la seconda più importante forza politica italiana, il PCI, da lungo tempo all’opposizione. Si tratta del primo esperimento eurocomunista. I comunisti decidono subito l’adozione di una linea di intransigenza nei confronti delle BR volta a “prevenire ogni negoziato”.
Sabato 18: Le BR rilasciato il comunicato n°1. Moro è prigioniero in una “prigione del popolo” e verrà giudicato come prigioniero politico. Viene anche rilasciata una foto di Moro.
Lunedì 20: Dopo una serie di rinvii motivati da attentati terroristici si apre a Torino il processo contro il nucleo storico delle BR.
Sabato 25: Viene diffuso il comunicato n°2. E’ in corso l’interrogatorio da parte del tribunale del popolo dell’ “imputato” Moro.
Mercoledì 29: In un tentativo di stabilire una “linea calda” segreta operante nei due sensi, le BR fanno arrivare ai destinatari ( sua moglie, il segretario ed il ministro dell’Interno Cossiga ) tre lettere confidenziali scritte da Moro. Assieme al comunicato n°3 viene resa nota la lettera a Cossiga nella quale Moro parla di uno scambio di prigionieri con la mediazione del Vaticano.
Giovedì 30: Pungolato dai comunisti e dagli altri partiti della nuova maggioranza Andreotti assume una posizione di rifiuto del negoziato. Le lettere di Moro, presenti e future, dovranno essere ritenute estorte e non “imputabili moralmente” al loro autore. La grande stampa e la televisione di Stato si schierano incondizionatamente in favore della linea dura, dipingendo Moro come un uomo sottoposto a torture e dalla mente alterata dalle droghe.
Venerdì 31: Il Vaticano rende noto di essere disponibile ad una mediazione, ma poi fa marcia indietro di fronte alla possibilità di creare “difficoltà” al fronte degli intransigenti.
Aprile 1978
Martedì 4: Viene diramato il comunicato n°4 assieme ad una lettera di Moro al segretario della DC Zaccagnini. In essa si pone in evidenza il fatto che il punto di vista di Moro riguardo allo scambio di prigionieri risale a data inferiore alla sua cattura e che, pertanto, esso non può essere imputato ad una presunta pressione esercitata su di lui dalle BR.
Lunedì 10: Arriva il comunicato n°5 con una nota scritta a mano da Moro in cui attacca l’ex ministro dell’Interno Taviani per aver negato che ancora prima del suo rapimento egli fosse a favore della linea possibilista. Sabato 15: Il comunicato n°6 annuncia la “colpevolezza” di Moro; il tribunale del popolo lo condanna a morte.
Lunedì 17: Il Dipartimento di Stato americano conferma il pieno appoggio di Washington alla posizione di Roma. Amnesty International si rivolge alle BR per cercare di trovare elementi di discussione per l’eventuale rilascio di Moro. I comunisti mettono in guardia Amnesty contro ogni interferenza nella politica taliana. La DC e il governo ribadiscono la loro intransigenza.
Martedì 18: Giunge il falso comunicato n°7 con l’annuncio della morte di Moro e con dettagli quanto mai improbabili riguardo al luogo dove si troverebbe il corpo: in fondo ad un lago ghiacciato in alta montagna. Ciò malgrado il governo inscena una spettacolare operazione per il recupero della salma, fornendo credibilità alla notizia della morte. La polizia a Roma una base abbandonata dalle BR per il rapimento di Moro.
Giovedì 20: Le BR assassinano a Milano il maresciallo maggiore delle guardie carcerarie, Francesco Di Cataldo. Viene diffuso l’autentico comunicato n°7 assieme alla fotografia di Moro che legge notizie circa la sua morte. I democristiani hanno 48 ore per dimostrare la loro disponibilità a trattare uno scambio di prigionieri.
Il PSI si dissocia dalla linea di intransigenza per ricercare una soluzione negoziata. La CEI, aggirando i falchi vaticani, rivolge un appello agli intransigenti affinché desistano e seguano una linea più ragionevole.
Venerdì 21: Giunge una lettera di Moro a Zaccagnini dove accusa il partito di immobilismo e lo sollecita a dissociarsi dalla linea dell’inflessibilità.
Sabato 22: Paolo VI scrive una lettera agli “uomini delle BR” sperando che, conferendo loro un riconoscimento politico, Moro verrà rilasciato senza condizioni.
Sabato 29: Moro, con una raffica di lettere indirizzate a numerose personalità, compie un estremo tentativo di provocare un sollevamento della base contro la dirigenza della DC; in virtù del potere che gli conferisce la sua carica di Presidente, egli convoca il Consiglio nazionale per discutere il suo caso. Moro afferma che la sua liberazione dipende dallo scambio con un detenuto ed avalla la posizione socialista. Dichiara ancora di non volere al suo funerale gli uomini del Palazzo.
Maggio 1978:
Lunedì 1: I socialisti incontrano un contatto delle BR e traggono la convinzione che il loro piano per uno scambio “uno contro uno” riuscirà ad ottenere la liberazione di Moro.
Martedì 2: I socialisti, dopo aver ottenuto da parte del PCI un rifiuto, incontrano i democristiani; ma le conversazioni falliscono allorché la DC pretende ulteriori garanzie:
Venerdì 5: Il comunicato n°9 annuncia la conclusione della vicenda “eseguendo la sentenza”, ma manca una dichiarazione definitiva. Moro invia un messaggio di addio alla moglie che non contiene riferimenti di carattere politico.
Sabato 6: Fanfani si allinea con i socialisti per premere sul Presidente Leone ed ottenere il perdono di un brigatista mortalmente malato; Leone è d’accordo, ma non procede. Fanfani decide di attaccare lo schieramento intransigente.
Martedì 9: Fanfani sta ancora esponendo a piazza del Gesù il proprio punto di vista contro la linea dura, allorché arriva la notizia del ritrovamento del cadavere di Moro dentro una Renault parcheggiata “a pochi metri di distanza”, in una strada tra le sedi della DC e del PCI.