Il sogno africano di Obama
di Tony Tundo
Precious Lord, take my hand.
Prezioso Signore, prendi la mia mano.
Lead me on, let me stand.
Conducimi, tienimi su.
I am tired, I am weak and worn.
Sono stanco, sono debole e sfinito
Through the storm,
Attraverso la tempesta,
throught the night,
attraverso la notte,
lead me on to the light
guidami verso la luce.
When my way grows drear,
Quando la mia strada diventa oscura,
Precious Lord,
Prezioso Signore,
lead me near,
stammi vicino
when my life is almost gone.
quando la mia vita se ne è quasi andata
Hear my cry,
Ascolta il mio grido,
hear my call.
ascolta il mio richiamo.
Hold my hand, lest I fall.
Tienimi per mano: ho paura di cadere
Take my hand, Precious Lord,
Prendi la mia mano, Prezioso Signore,
lead me home.
Portami a casa
When the darkness appears
Quando appaiono le tenebre
and the night draws near,
e la notte si avvicina
and the day is past and gone,
e il giorno trascorso è finito,
At the river I stand.
mi fermo presso il fiume.
Guide my feet, hold my hand,
Guida i miei piedi, stringimi la mano
Take my hand, precious Lord,
Prendi la mia mano, Prezioso Signore
lead me home.
portami a casa
Negli istanti precedenti la sua morte, si racconta, Martin Luther King chiese che venisse cantata questa canzone e il brano divenne nei giorni seguenti il grido di dolore e l'espressione corale della volontà di resistere in quella "notte di tempesta che non mostrava di voler finire".
E' Obama, oggi, che rappresenta non solo il sogno americano del terzo millennio, anche quello africano.
Il presidente ha visitato la fortezza di Cape Coast, un castello a 160 chilometri da Accra, luogo di segregazione nel passato di migliaia gli schiavi africani, tra questi anche un antenato della first lady. "Un'esperienza commovente in un luogo di profonda tristezza, e importante soprattutto per le mie figlie" ha detto e ha aggiunto: "qualsiasi gruppo di persone che degrada un altro gruppo di persone dev’essere combattuto" citando Martin Luther King, il quale in Ghana, nel 1957, alla cerimonia dell'indipendenza aveva ancora una volta incoraggiato la folla oceanica a sperare, a unirsi al suo sogno (lucida follia?): "La nascita di questa nuova nazione darà impeto agli oppressi in tutto il mondo, avrà ripercussioni ovunque, non solo in Asia e Africa, ma anche in America[...]". E Obama continua"La storia è dalla parte degli africani coraggiosi, non di quelli che usano i colpi di Stato o cambiano la Costituzione per restare al potere. Per troppo tempo, per troppi africani, i conflitti sono stati un elemento della vita, costanti come il sole". Così Obama, il capo di stato più potente del mondo, alimenta il sogno africano dei giovani neri, quello di "gettare le fondamenta della libertà", invocando un intervento della comunità internazionale in Somalia e nel Darfur: "Quando c’è un genocidio in Darfur o ci sono terroristi in Somalia, questi non sono solo problemi africani, sono sfide per la sicurezza mondiale che richiedono una risposta mondiale". E ancora "Conosco bene il tragico passato che a volte ha ossessionato questa parte del mondo[.... ]Nelle mie vene scorre il sangue dell'Africa e la storia della mia famiglia comprende sia le tragedie sia i più grandi successi della storia africana"
Sono parole forti, che fanno ben sperare in una volontà certa di giustizia, democrazia , libertà.
La mia personalissima opinione è che ci vorrebbero molti altri Martin Luther King, molte altre Rosa Parks, molti altri Cristo a portare la croce per un mondo libero da pregiudizi. Abbiamo santificato la Mami di Margaret Mitchell in Via col vento, simbolo di fedeltà, ma a nessuno è mai interessato il suo pensiero sullo schiavismo; i ne(g)ri vanno bene se servono nelle case dei ricchi, quando educano i loro figli bianchi, che poi diventeranno i loro padroni; vanno bene se cantano nei cori gospel, se suonano i blues, cosa sarebbe un corpo di ballo senza la sinuosità dei corpi africani? loro l'armonia la bevono col latte della mamma; cosa sarebbe il Mississippi senza i colori degli abiti delle donne nere?
Non è sempre così, è vero. Oggi, poi, con un nero alla Casa bianca... Allora come mai in questi giorni accade che a Roma pestano, derubano, insultano un nero solo perché è nero, che in un treno( presso Termoli, credo) un controllore fa scendere un ragazzo nero senza biglietto, in aiuto del quale era venuta una gentile signora che si offriva di pagare questo benedetto biglietto. Sarebbe stato tanto fiscale il controllore con un bianco? No!
Ho letto cose allucinanti sui detenuti neri nei penitenziari (effetto "Il miglio verde"?, terribile splendido romanzo di Stephen King) Insomma siamo tutti col cuore in Africa, ma che l'Africa sia qui, nel nostro civilissimo Occidente, è un'altra cosa.
Hear my cry,
hear my call,
Precious Lord!