mercoledì 11 maggio 2011

Lettera sulla… giustizia
è sufficiente un piccolo e insignificante fiammifero per ardere un’intera foresta”.


di Rino Duma


Qualche tempo fa, sulla mia home page di Facebook, ho espresso, solo di striscio, una considerazione sulla “giustizia”. Un mio ex-alunno, leggendomi, mi ha pregato di approfondire l’importante tematica. Ho accettato di buon grado l’invito, anche perché avevo già in mente di trattare l’argomento sulla rivista culturale “Il filo di Aracne”, di cui mi onoro di essere il direttore. Per una questione di privacy, non mi sento di rendere nota l’identità dell’alunno, che chiamerò Mauro, un nome a me molto caro. Perciò…

Caro Mauro,
tu mi poni una domanda alla quale mi è difficile rispondere, non perché non abbia le idee chiare sull’argomento, anzi. L’unica difficoltà, che mi affligge non poco, sta forse nel fatto che non riuscirò a trovare le parole adatte per schiodarti dalle tue “naturali” inclinazioni sulla giustizia, che per me sono in buona parte errate.
Mi auguro che riesca nell’intento.
Tu, intanto, sfòrzati a entrare, senza alcun condizionamento o remora, in ciò che sto per esporti. Tuttavia ricorda che il mio è pur sempre un convincimento personale e, quindi, può essere corretto, integrato, sviluppato, migliorato, ma solo se ne consegue un vantaggio… comune e non di parte.
La «giustizia», in senso generale, è uno dei pilastri fondamentali su cui poggiano le fortune del nostro esistere, è il collante che unisce saldamente gli uomini tra loro; se amministrata con sagacia, può rappresentare l’elemento trainante verso una vita migliore. Inoltre, ritengo che sia il gradino più alto nella scala dei valori umani e l’ultima e, forse anche, la più faticosa dimensione terrena, raggiunta la quale ci si trasforma in «spirito», pur mantenendo le fattezze corporali. In pratica, una persona giusta diventa un… «angelo terreno» (lo sosteneva don Tonino Bello). Solo Dio sa quanto bisogno abbia oggi l’umanità di gente… con le ali!
Ora, tu, prova a individuare le qualità spirituali che fanno da corredo agli angeli, e ti accorgerai quanto sia difficile acquisire uno “status animi” pressoché identico. Ma intanto, se davvero desideri diventare un uomo giusto, devi necessariamente puntare dritto a loro, cioè devi emulare queste “entità sublimi e divine”, che hanno una sola differenza rispetto a noi umani: non possiedono alcun peso materiale, proprio perché non hanno alcun legame con i beni terreni.
In senso stretto, potrei definire «giusta» la persona equa, corretta, imparziale e che persegue e applica i principi dell’uguaglianza secondo buon senso, secondo cioè le leggi universali che sono scolpite in cielo. In effetti, è così.
Pur tuttavia ritengo che la risposta sia troppo generica e non esaustiva: manca, in altre parole, qualcosa che dia completezza ed efficacia alla definizione, qualcosa che sappia inquadrarla a tutto tondo e che ne spieghi il modo per arrivare a questo sublime livello di vita.
Ma ora ti pongo la domanda sul perché tendenzialmente l’uomo si comporta in maniera ingiusta. A mio modo di vedere, le ragioni sono molteplici, tutte però riconducibili alla sua natura.
Da sempre nell’animo umano è presente un’energia ostile che ha condizionato e condiziona in negativo l’intera umanità. Essa è rappresentata dalla presenza in ognuno di noi di un «mostro cinico e calcolatore», che in continuazione si agita e ci domina in ogni azione. Questa resistenza negativa, che è alla base di ogni sofferenza terrena, è una molla infida e ingannevole che, da una parte, determina le fortune e i successi dei singoli, mentre, dall’altra, segna le sfortune dell’umanità intera e contribuisce in maniera considerevole a creare profonde fratture e solchi abissali nella struttura del consorzio umano.
Quest’energia malevola è la «convenienza», figlia ‘adorata’ dell’egoismo, dalla quale scaturisce una miriade di mali, come il profitto, lo sfruttamento dell’uomo e della natura, la sopraffazione, l’avidità incontrollata, l’avarizia esagerata, l’invidia per i successi altrui, l’odio sviscerato, la vendetta per i torti subiti, la lussuria sfrenata, il cinismo, la cattiveria, sino ad arrivare alla soppressione fisica di persone. Essa è una forza brutale, cieca e subdola, che allontana gli uomini tra loro, che striscia continuamente nelle pieghe più profonde della nostra psiche e la condiziona, assoggettandola ai suoi voraci e inappagabili voleri e bramosie.
Pertanto, forte di tale convincimento, sono dell’avviso che una persona diventa giusta solo quando sa rifuggire da simili richiami allettanti e non dà ascolto al fascino seducente di sentirsi ricco, potente, bello, elegante, dominante, superiore, invincibile. La presenza di tali uomini – e t’assicuro che non sono pochi - determina da sempre le angustie dell’umanità, che io definisco come
«humani doloris causa».
Mi spiego meglio.
Nel momento in cui l’uomo riuscirà ad allontanarsi dalle spinte emotive di comodo, a slegarsi dai suoi condizionamenti egoistici, dalle situazioni vantaggiose per sé, ma dannose per gli altri, soltanto allora potrà giudicare tutto ciò che cade sotto i suoi sensi secondo «equità sociale», o, come asserivo prima, secondo buon senso. Soltanto allora, grazie alla presenza di un ritrovato equilibrio spirituale e in assenza del «tarlo che sfarina l’idea del bene comune e la dissolve», potrà valutare ogni cosa con serenità e con
«animus intaminatus».
Per arrivare a ciò si rende opportuno venir fuori dal proprio mondo egoistico (non è facile, ma è possibile), disancorarsi dalle spinte tiranneggianti dell’«io», grazie ad un’acquisizione graduale ed effettiva dei principi ispiratori della democrazia e della libertà. A tutto ciò si può giungere solo quando avremo acquisito una visione della vita meno personalistica e più socializzante. In quel preciso istante cominceremo ad appartenere non solo a noi stessi ma al mondo, a sentirlo proprio, a viverlo come se fosse una nostra esclusiva interiorità, o meglio, come se noi fossimo una piccola tessera del grande mosaico comune e ci sentissimo parte importante e integrante di esso.
A questo punto mi porrai la domanda su come sia possibile «sbarazzarsi» delle emozioni egoistiche e avvicinarsi a quelle plurali. La risposta la potrai trovare solo se ti accosterai, con umiltà e voglia di migliorarti, verso il più grande dei sentimenti umani: l’amore.
Ricorda che se un uomo è pervaso da questo «lievito di pace» può aspirare a essere giusto, poiché solo chi ama (nel senso più nobile del sentimento) può capire e curare i mali del mondo, poiché li sente propri e ne soffre.
Le fortune dell’umanità si concreteranno il giorno in cui ogni essere umano saprà spendersi in funzione dei propri simili e saprà amministrare la «giustizia» con saggezza e nell’interesse di tutti. Ma forse, proprio allora, non ce ne sarà più bisogno, in quanto ognuno, avendo la coscienza sgombra di ogni personalismo, si comporterà naturalmente, cioè secondo… giustizia.
Se riusciremo a educare i ragazzi, te compreso, a “prendersi cura”, oltre che dei propri problemi e bisogni, anche e soprattutto di quelli del prossimo, avremo gettato le basi per rendere il mondo via via più vivibile, sino ad arrivare a trasformarlo in un’isola felice, forse la tanto decantata “isola che non c’è”.
Ma, ahinoi, il mondo, soprattutto in questi ultimi tempi, è un campo minato a perdita d’occhio dove si coltiva esclusivamente il Male, con poche oasi di Bene, sparse timidamente qua e là. Il lavoro che attende i portatori di pace e di giustizia è improbo, quasi assurdo. Ciò nonostante non bisogna darsi per vinti, ma semmai lottare con maggiore tenacia per rovesciare il destino del mondo. È necessario cambiare tendenza a questo trend negativo, puntando esclusivamente a un rinnovamento etico, morale, culturale, economico e sociale degli uomini.
Mi obietterai che è impossibile arrivare a tanto, perché è come voler svuotare il mare servendosi di un guscio di noce. A te sembra, ma in effetti non è così. Se l’esempio di pochi sarà via via seguito da tanti e in seguito da tantissimi, vedrai che quello che a te oggi sembra irrealizzabile si potrà attuare, a condizione che tutti remino nella stessa direzione.
Intanto tu inizia a rinnovarti. Perciò, càlati nel profondo della tua coscienza e comincia a rimuovere ciò che “illude e uccide” l’uomo. Fa’ in modo che non rimanga alcuna radice della “mala pianta” che è in te. So bene che incontrerai notevoli difficoltà in questo ardimentoso viaggio, ma provaci, con ogni energia. Il cammino è arduo e mille e mille saranno i canti ammaliatori che ti invoglieranno a desistere. Va’ avanti, segui l’esempio di Ulisse, che non si lasciò vincere dal canto melodioso delle sirene. Una volta arrivato sul pavimento di questo pozzo, troverai uno scrigno. Là sono state segregate e dimenticate, come se fossero pericolosi ergastolani, le tue dolci virtù. Aprilo e zampillerà l’essenza prima della vita, l’amore… l’amore che erroneamente riteniamo di possedere.
Tu mi osserverai che ne hai tanto e te ne servi quotidianamente. Con ogni probabilità, il tuo è “l’amore che prende”, cioè quello possessivo, ossessivo, dominante; io, invece, alludo a “l’amore che dà”, cioè quello virtuoso, altruistico, universale, divino.
Andiamo avanti nel discorso. Nel momento in cui t’impossesserai di questo bene supremo, avrai una visione completamente diversa del mondo e della stessa vita, che non t’appariranno più come elementi da conquistare e sottomettere, ma semmai come elementi da organizzare, amministrare e migliorare nell’interesse tuo e di tutti, nessuno escluso.
Dopo aver ritrovato te stesso, ha inizio una nuova e più importante crociata. Devi batterti contro il dèmone infedele dell’egoismo presente negli altri. Lotta, senza concederti mai una pausa: un vero guerriero non conosce riposo, se non dopo aver sbaragliato il nemico e vinta la battaglia. Utilizza l’unica arma in tuo possesso: la “parola”, che, se usata saggiamente, produce effetti strabilianti. Sappi che molte volte essa uccide più di quanto possa uccidere una spada.
Il tuo pensiero sarà ascoltato e letto da diverse persone, che potranno condividerlo e diffonderlo. Dal piccolo seme, che hai conficcato nel cuore della gente, nascerà una buona messe, che darà un buon raccolto, da cui scaturiranno altre semine e altri doviziosi raccolti.
Ricorda che ”è sufficiente un piccolo e insignificante fiammifero per ardere un’intera foresta”. Questo dovrà essere il tuo motto.
La strada è lunga e infida, poiché quotidianamente la società educa i giovani ad acquisire ben altri valori di vita. I fatti e i risultati sono inequivocabili e provengono da qualsiasi ambito sociale. Anzi, coloro che sono deputati a guidare le sorti del paese e a fornire il buon esempio di vita procurano grandi danni e disastri irreparabili.
Questa strada, però, va percorsa sino in fondo… e tutti insieme, se intendiamo per davvero costruire un mondo di pace.
Mi auguro di esserti stato chiaro e, soprattutto, di averti persuaso a rinnegare i tuoi convincimenti e a voltare pagina definitivamente.
Ti saluto con lo stesso affetto e la stima di quando ti guidavo a compiere i primi passi nel difficile e impervio mondo di noi umani.
Rino Duma