domenica 10 luglio 2011










Premio Strega 2011. Vincitori e vinti
di Tony Tundo




Lo Strega, lo abbiamo letto, è stato assegnato al romanzo "Storia della mia gente" ed. Bompiani di Edoardo Nesi. Pare che nel romanzo si leghino tematiche sociali e sconfitte individuali a politiche miopi, nel contesto dell’attuale grande depressione. Ma di vincitori parlino gli altri, a noi piacciono i vinti.
Naturalmente spiacerà particolarmente che abbia avuto pochissimi consensi il libro di Luciana Castellina "La scoperta del mondo (nottetempo)", ma c’era un altro concorrente che è stato apprezzato molto meno di quanto meriti il suo valore. E’ Mario Desiati con "Ternitti" Mondadori ed.
Desiati, nato a Locorotondo, è stato caporedattore della rivista Nuovi Argomenti e dal 2008 si occupa della direzione editoriale di Fandango Libri. Asor Rosa, che annovera Mario Desiati tra i nuovi più significativi esponenti del nuovo realismo italiano, di lui aveva scritto: “Desiati lavora alla sua materia come sospeso a mezz’aria: da una parte c’e la realtà nuda e cruda, disincantata e feroce; dall’altra c’è un vento fantastico che la raccoglie e le dà un senso e, senza toglierle verità, le conferisce il ritmo e le movenze di un’antica fiaba, d’una canzone popolare, di un sussurro scambiato fra amanti nel buio. E’ questo amalgama stilistico, fra realismo e poesia, fra narrazione e folgorazione, che fa il bello della prosa del nostro giovane scrittore”. Non è d’accordo, probabilmente, Alberto Bevilacqua, che ha invece criticato il successo del filone realista “Ma dove è finito il racconto? Quell’essenza quasi surreale di una storia?”
Nel 2010 il secondo premio era andato all’opera prima della scrittrice Silvia Avallone "Acciaio", forse la prima di questa nouvelle vague di scrittori italiani realisti, la storia quella degli operai siderurgici di Piombino abituati ad avere per cielo una densa nube rossastra, un mondo a parte. Sarà il sintomo di un bisogno, perché questo è il dato: i lettori privilegiano la scrittura come atto politico, gli scrittori che danno voce al malessere della gente; quando poi si combinano mito e realtà, l’amalgama è particolarmente riuscito. E' il caso di Ternitti. Il mito nel romanzo di Desiati è rappresentato dal mare: la marina di Novaglie, esattamente "Il Ciolo"; dalla terra coi suoi riti: il folklore e la magia di certe feste religiose come la festa di Santa Domenica a Scorrano meno nota della Notte della Taranta di Melpignano ma assolutamente più suggestiva. La realtà è il bisogno che spesso porta malattia e morte.
Il paradigma è la sacralità, quella del lavoro dei nostri emigranti e quella dell'amore e della fede totale che supera la sofferenza e lo sfruttamento, che ripaga.
La storia di Mario Desiati ha protagoniste due donne, Mimì e Arianna, è una storia d’amore al femminile, amore per la propria terra, il Salento, per la famiglia, per le radici, per la natura, per sé stessi. Storia di riscatto e di denuncia. Il titolo "Ternitti" sta per Eternit, sta per l’ignoranza che dagli anni Sessanta in poi significò per molti salentini illusione di lavoro, di benessere ed emigrazione nelle fabbriche svizzere, ma sta soprattutto per il mesotelioma e l’asbestosi, le malattie da amianto, sta per le morti bianche che hanno lasciato donne vedove e figli orfani nei “paesi del Capo”, come si dice qui in Salento: Tricase, Scorrano, Corsano, Gagliano, Novaglie.
Sta - e questa è la denuncia - per un annoso e gravissimo problema che neanche gli incentivi statali stabiliti nel '92 per la rimozione e la bonifica dell'amianto hanno del tutto archiviato.
Mimì combatte, con la sola forza dell’intelligenza, contro una cultura primitiva e non accetta a quindici anni l’aborto clandestino; è tornata al paese negli anni ’90 da Zurigo dove aveva seguito il padre emigrante. Una donna ormai, libera e fiera, col solo sostegno economico della paga di operaia presso un cravattificio, si dà tutta all’impegno di educare la figlia a valori sani, a studi coi quali realizzi il suo sogno diventare medico. Il riscatto per Mimì, per la sua famiglia, anche per quelli che non ce l'hanno fatta. Mimì aiuta il fratello alcolista, figura tragica, i dialoghi fra i due fratelli sono tra i momenti più lirici della prosa di questo ottimo romanzo. E non dimentica - non potrebbe, è l'unico uomo che ha amato veramente - l’uomo con cui ha concepito Arianna che l’aveva abbandonata al suo destino col “peso” di una maternità colpevole. La storia è in sintesi questa, i luoghi le fabbriche svizzere dell’Eternit e il Sud che muta conservando quel carnale rapporto mare-terra, suo distintivo; e soprattutto il bianco della pietra, i muri a secco, gli odori della vigna, i colori dei fichidindia, colori e odori di ascendenza bodiniana, ma anche le feste patronali, le sagre paesane. Sullo sfondo di questo romanzo storico-etnologico la coralità di un popolo di donne e di uomini che conservano, e lentamente rivendicano cambiamenti e modernità partendo dalla lingua, prima il dialetto leccese poi l’italiano passando per quel particolarissimo slang nostrano, quell’imbastardimento del linguaggio proprio dei nostri emigranti che ricorda il poemetto Italy di Giovanni Pascoli. Un libro ben costruito e una storia appassionante che, mentre ti conduce in un viaggio spazio-temporale attraverso la bellezza dei paesaggi salentini e ti offre uno spettacolo di suoni e luci (soltanto Roberto Cotroneo in Otranto lo aveva fatto prima), ti fa riflettere e indignare perché il "problema dell' amianto" non è ancora il passato. Tutto attraverso la vicenda personale della protagonista, Mimì, donna sottomessa e libera insieme. D’accordo dunque con il giudizio di Asor Rosa, sorprende invece che il romanzo di Desiato non sia stato apprezzato da Bevilacqua, lo scrittore che dicono abbia offerto nei suoi romanzi la galleria più ricca di figure femminili. Leggendolo, si ricrederà perché troverà il surreale nel reale.