REFERENDUM
L'attività trentennale della Convenzione Italia Giusta secondo la Costituzione e della Fondazione Popoli e Costituzioni è stata animata da una costante tensione morale e civile, una volontà ostinata di studio e ricerca della verità e storica e politica, una ricerca condotta ancora, e nonostante tutto, con fiducia nei valori della giustizia, della trasparenza, dell'onestà. Il suo attuale impegno è fare chiarezza nel torbido ginepraio di " furbizie argomentative e linguistiche" riguardo all'imminente appuntamento referendario. Molti, come tutti noi, avvertono fastidioso l'atteggiamento degli ultimi "difensori" o "amici" occasionali della Costituzione, atteggiamento che, come osserva l'amico e membro della Fondazione P & C Salento Michele Carducci, docente di Diritto costituzionale all'Università del Salento, pare proprio"una proiezione freudiana di incoffessabile strumentalizzazione partigiana della Costituzione stessa".
Noi entreremo in cabina, ma per lasciare la scheda bianca: è l'unica libertà che abbiamo e dobbiamo tenerci stretta.
Ai venticinque lettori del nostro sito http://www.popoliecostituzioni.blogspot.com/ (perdonerebbe A. Manzoni la citazione certo autocanzonatoria?) suggeriamo l'utile lettura dell'articolo che segue e che può trovarsi, insieme ad altre efficacissime e autorevoli osservazioni sullo stesso tema, sul sito ufficiale http://www.popoliecostituzioni.it/:
Astenersi significa salvare la democrazia
di Nicola Magrone
Nel deserto di riflessioni intorno al prossimo referendum sulla legge elettorale, Giovanni Guzzetta (Corriere della Sera del 18 maggio) , presidente del Comitato referendario, si infuria con prudenza con Giovanni Sartori che invita i cittadini ad astenersi (Corriere della Sera 17 maggio) ma fa la voce grossa soprattutto con «quei cittadini peggiori che sono quelli che non votano». Guzzetta non si duole della sostanziale clandestinità dell’appuntamento referendario, annegato in un mare di schede elettorali predisposte per eleggere parlamentari europei (a proposito, dove si va discutendo di Europa di là di qualche cabarettistico manifesto elettorale che ci invita tutti ad «andare in Europa» con il candidato?), consiglieri comunali, presidenti e consiglieri provinciali, sindaci, consiglieri e presidenti di consigli di quartiere. Egli mette tutti nel mucchio e censura quanti si asterranno dal voto referendario, i «cittadini peggiori». Il problema è, intanto, che, a dispetto degli anatemi di Guzzetta, la chiamata al referendum è strutturalmente, ordinalmente, costituzionalmente predisposta a riceversi tre tipi di risposte popolari: il SI, il NO, l’astensione che equivale al più deciso dei NO posto che gli astenuti intendono impedire che il referendum raggiunga il quorum (cosa che la Costituzione esplicitamente consente). Perché mai, i cittadini che decidano di astenersi, sarebbero «i cittadini peggiori»? Chi scrive, per quel poco che vale il suo pensiero e il suo gesto, si asterrà, e si asterrà anche la Fondazione onlus Popoli & Costituzioni che presiede a titolo onorario. Sarà ancora consentito, posto che l’opposizione ai quesiti referendari è radicale al punto da indurre al NO più radicale e cioè all’astensione? O le gradazioni del dissenso le stabilisce il Comitato promotore? DRITTI DRITTI AL PARTITO UNICO -Naturalmente, l’astensione non è manifestazione di dissenso dall’istituto referendario in sé, ci mancherebbe altro; manifesta, invece, il dissenso e l’opposizione agli specifici quesiti sottoposti al giudizio del popolo in questa occasione. Questione di merito, dunque, che non dovrebbe consentire a nessuno di costruire gerarchie morali tra i cittadini. Onde, se è consentito accedere alla discussione senza il timore di anatemi, proprio nel merito si manifesta la pericolosità del principale quesito referendario che, se condiviso, ci porterà di filato al bipartitismo formale e al partito unico sostanziale. Se il vistoso premio di maggioranza (di per sé di molto dubbia costituzionalità) viene assegnato al partito (e nemmeno alla coalizione) che ha avuto anche un voto in più rispetto agli altri, al Parlamento ci andranno partiti dotati di sterminati marsupi dentro ai quali si nasconderà all’elettore una pletora di partitini e di correntine condannati alla clandestinità elettorale e alla guerriglia all’interno di ciascuno dei due partiti e nel Parlamento. Per sottrarsi a questo problema, che è il problema della democrazia e della lealtà politica, i promotori referendari (ma anche il Pd e in modo opportunisticamente ondivago l’Idv) sostengono che solo votando e votando «sì» si pongono le basi per cambiare l’attuale legge elettorale da tutti, oggi - anche se solo a parole –, disprezzata dopo essere stata cinicamente applicata e difesa nelle ultime competizioni elettorali. Come a dire: l’attuale legge va cambiata, dunque sosteniamo la proposta di una legge peggiore perché così avremo sì una legge peggiore ma questo ci consentirà di rimettere in discussione l’attuale legge che addirittura sembra ai referendari un po’ me glio. SCARDINARE LA COSTITUZIONE -Un corto circuito logico e politico che si commenta da sé. Non solo: una proposta e un’argomentazione, in verità, sleale, dal momento che non dice chiaro e tondo che quel che si vuole è un Parlamento a due voci, punto e basta; il resto della società si arrangi, si aggreghi per forza o si disperda in mille rivoli non sempre visibili e trasparenti. Il prof. Guzzetta, in verità, la sua prospettiva finale (per non dire soluzione finale) intorno al problema della rappresentanza la dice, come al solito, alludendo e non dichiarando: «Ricordo che durante i lavori della Costituente più d’uno si lamentò che non ci fosse il bipartitismo» e dimenticando – il che è semplicemente stupefacente – che quei «più d’uno» rimasero soli nell’Assemblea col loro lamento, la Costituzione essendo stata approvata in termini esattamente opposti a quelli sperati da Guzzetta. Il che rivela il reale intento dei referendari: scardinare l’assetto costituzionale, completando l’opera intrapresa con irredimibile determinazione ormai da decenni: quando ormai il premio di maggioranza c'è, lo si vuole più grande e tutto per uno; quando la soglia di sbarramento c'è, la si vuole stratosferica (tutti fuori tranne noi); quando le liste bloccate ci sono, ci concedono il voto di preferenza purché la «scelta» sia ristretta ai candidati di due partiti; quando la sostanziale e costituzionalmente illegittima elezione diretta del presidente del Consiglio c'è, la si vuole sostenere con un Parlamento servile. Si vuole portare a termine la lunga e torbida marcia verso uno Stato senza alcuna autorevolezza democratica, semplicemente autoritario. L’astensione vuol dire tutto questo e molto altro ancora. Se li lasciamo finalmente discutere con cognizione di causa e riflettere in pace, questi «cittadini peggiori», finisce che ci si imbatte in un popolo straordinariamente migliore di quanto riformatori perennemente in cattedra possono immaginare.