Per Walt Whitman potrebbe nascere con una poesia letta dalla mamma, alla sera, la vocazione nel bambino/poeta.
Muore di certo al supermercato con la mamma, al mattino, la fantasia del poeta/bambino.
“C’era un bambino che usciva ogni giorno,
e il primo oggetto che osservava,
in quello si trasfondeva,
e quell’oggetto diventava parte di lui
per quel giorno o per parte del giorno
o per molti anni o vasti cicli di anni.
I primi lillà divennero parte del bambino
I primi lillà divennero parte del bambino
e l’erba e i convolvi bianchi e quelli rossi,
e il bianco e Il rosso trifoglio,
e il canto del saltimpalo, gli agnelli marzolini,
la rosea figliata della scrofa, il puledro
la chiassosa nidiata dell’aia
o del pantano vicino allo stagno
e i pesci così stranamente sospesi, e il bel liquido strano,
le piante acquatiche dalle graziosi cime piatte:
tutto questo divenne parte di lui.” ( da Foglie d'erba)
Può darsi che il mio sia davvero il favoloso mondo di Amélie e quel cartellone pubblicitario sopra (che ho fotografato a rischio tamponamento) mi abbia svegliata dall'incanto.
Siamo tutti, o quasi, carnivori impenitenti, ma qualche volta le parole sono i Killer della fantasia; non andava meglio qualcosa come carne equina?
Certe raffinatezze attengono forse all'estetologia che qualcuno mi suggerisce di frequentare, prima di discutere di poesia?