mercoledì 19 maggio 2010

"Nuotare naturalmente nella storia"
di Tony Tundo

Se fosse vero che Edoardo Sanguineti, scomparso ieri, è stato vittima di un altro terribile caso di malasanità, si tratterebbe di un amaro contrappasso perché lui ha condannato sempre senza appello la modernità e la postmodernità, le sue strutture e le sovrastrutture e perché della questione della naturalezza del morire egli ha fatto materia di riflessione antropologica, storica, letteraria; davvero un cinico scherzo del destino se si acclarasse la sospetta innaturalezza della sua fine.

Sanguineti si è opposto con furore alla civiltà capitalistica svelandone l’orrore (vittima fino alla morte?); nella sua analisi ha sviluppato, con la consueta attitudine a storicizzare miti e cultura, l’idea di morte; ha detto: siamo di fronte al trasformarsi di quello che era un modello di morte rurale, in un sistema sociale con gruppi familiari molto compatti, legati alla terra, presso i quali nascite, matrimoni e sepolture erano le grandi occasioni di feste rituali […] basta pensare alla poetica pasco liana dove la presenza dei defunti, la loro partecipazione alla vita e questo senso del radicamento terrestre del morto è così forte. Oggi tutto questo è scomparso [… ]il funerale diventa abbastanza sbrigativo. Anche la morte è una merce. E aggiunge un pensiero che turba, oggi in particolare, e perciò appare più interessante: paradossalmente si assiste oggi a un contrasto: la società mediatica dà grandissimo spazio al fenomeno della morte, e della morte violenta, nei suoi aspetti più crudi e censura, invece, la morte come esperienza reale, quotidiana, sia nell’ambito dell’assistere alla morte, sia in quello della consapevolezza del “si deve morire”. Si potrebbe dire che il nodo centrale della trasmissione culturale sta nell’insegnare all’animale uomo che dovrà morire. […]
Unire l’esperienza della vita con quella della morte diventa il simbolo di una vita che è veramente condotta e misurata in rapporto a una certa idea di morte. Dimmi cosa pensi della morte e ti dirò chi sei. Dimmi come desideri una tua immagine post vitam e allora ti dirò come tu conduci la vita.
E il tema della morte ritorna in tanti incontri pubblici. Tema certo non insolito in particolare per gli intellettuali del Novecento - da Freud in poi - tuttavia fa pensare, mi fa pensare il modo della sua morte, l'aver appena constatato che nessuno spazio è stato dato dal telegiornale. Altro segno dell'analisi lucida, se pur amara e lacerante ma capace di andare nel cuore del problema, o dovrei dire dei problemi, dell'odierna civiltà, che ha caratterizzato l'impegno del Poeta. Aveva così commentato un suo verso ” perché mi accorgo che morire adesso non serve: non ho ancora giudicato utile il morire, ho evidentemente ancora pulsioni vitali, godo di buona salute, in ogni caso mi auguro che un giorno la cosa si sbrighi rapidamente, ma voglio sapere che muoio, datemi non quarant’anni, ma un giorno o due che possa dire: adesso sto per chiudere la partita.
Sanguineti, pur coerente nel suo pessimismo radicale rispetto alle mistificazioni del neocapitalismo ravvisabili in particolare in tutte le forme della comunicazione anche letteraria, degradata e mercificata, era dotato di una vena ironica e parodistica esemplare che ravvisava in altri grandi del Novecento: “Kafka, leggendo i suoi romanzi, singhiozzava ridendo”; “il vero teatro tragico moderno è ironico, meglio, grottesco” e cita Beckett, ma anche l’arte di Warhol e di Picasso: per fare un esempio “Guernica”, le modalità rappresentative che, tradizionalmente, avrebbero funzionato in un senso di degradazione grottesca, diventano invece gli unici modi validi di rappresentazione del tragico.
Secondo Sanguineti la poesia è ancora praticabile, quella però che egli definisce giornaliera e che eredita dal crepuscolarismo. La poesia che segue ne è un esempio: una innocente - solo in apparenza - lezione che impartisce al figlio, interlocutore universale, annullamento parodistico e tragico dei valori della civiltà capitalistica.

Dal Purgatorio de l’Inferno

questo è il gatto con gli stivali, questa è la pace di Barcellona
fra Carlo V e Clemente VII, è la locomotiva, è il pesco
fiorito, è il cavalluccio marino: ma se volti pagina, Alessandro,
ci vedi il denaro:
questi sono i satelliti di Giove, questa è l’autostrada
del Sole, è la lavagna quadrettata, è il primo volume dei Poetae
Latini Aevi Carolini, sono le scarpe, sono le bugie, è la scuola di Atene, è il burro,
è una cartolina che mi è arrivata oggi dalla Finlandia, è il muscolo massetere,
è il parto: ma se volti foglio, Alessandro, ci vedi
il denaro:
e questo è il denaro,
e questi sono i generali con le loro mitragliatrici, e sono i cimiteri
con le loro tombe, e sono le casse di risparmio con le loro cassette
di sicurezza, e sono i libri di storia con le loro storie:
ma se volti il foglio, Alessandro, non ci vedi niente