mercoledì 19 gennaio 2011


Nella palude stigia
di Tony Tundo
C’è poco da divertirsi. I nostri soldati ritornano a casa già eroi, troppo presto eroi, perché la guerra c’è. La crisi economica c’è, ancora c’è. Fra gli operai della Fiat (fra quelli del sì e quelli del no) la tensione c’è – e cresce dopo il cappio di un referendum ricatto -. L’influenza H1N1 c’è. La mafia c’è. La corruzione c’è e come se c’è - e il ddl anticorruzione? - E sono irrisolti i problemi che ci hanno indignati negli ultimi anni, un trafiletto - tre righe - su nuove morti bianche, nuovi crolli, nuovi sbarchi nelle pagine locali dei quotidiani, se cerchiamo bene, lo troviamo; viviamo in contesti urbani sempre più degradati, scuola e università sono in sofferenza, la ricerca è senza fondi e senza ricerca il Paese rischia di diventare sempre più povero.
La paralisi!
E il Presidente del consiglio si diverte mentre ci copre di fango.
Un insulto!
Sui giornali un deserto di parole sussurrate in improbabili alcove, ammiccanti, ricattatorie, un confuso affollarsi di dichiarazioni, ammissioni volgari e illeggibili quanto le smentite.
Una Babele!
Tutto da vedere, è vero; una cosa è, però, certa: “La rincorsa alla fama televisiva, misura di tutte le cose”. Lo scrive Aldo Cazzullo oggi sul Corriere della Sera. Ed è una colonna infame di avidità, uso sprezzante del potere del denaro, mercimonio. E non occorre una bonifica etica e legale? Senza moralismi, per carità, ma occorre. Per quali strade, giudiziarie oppure politico-istituzionali, non so, non ne ho la competenza, ma è pur ora di uscire da questo lerciume. Faccende private? Sì, ma fino a quando merce di scambio non è un ministero o uno scranno in un consiglio regionale, perché in questo caso la faccenda riguarda tutti. E tutti siamo insultati, troppo. Solo un esempio nel mare di oscenità, il più stupido, o forse no: in questa brutta storia c’è un losco figuro, tal Lele Mora, che spunta come un fungo velenoso, un volto viscido e untuoso che sembra abbia libero accesso nelle stanze del potere e ha spazio televisivo nella TV pubblica. E l’utente dovrebbe pagare il canone Rai per pagare un suo ridicolo spot pubblicitario per un libro di un altrettanto oscuro quanto losco personaggio, tal Alfonso Marra? Non so più se amo il mio Paese, ma son certa che c’è una parte buona che non merita di marcire in questa vischiosa palude stigia.