giovedì 23 aprile 2009

Noi, lettori disorientati di Tony Tundo

Il rumore assordante dell'informazione la rende sempre più inutile.
Non ti liberi dal vizio assurdo di leggere i giornali pur consapevole che quel rumore, voluto o dovuto, è strumentale, e sempre ti si presenta, l'informazione, becera maschera del vuoto.

Non c'è quotidiano in questi ultimissimi giorni che non parli del 25 aprile in termini piuttosto curiosi: La Liberazione Il caso (Corriere della sera, ieri ). Polemiche ad Alghero su "Bella ciao"; è una provocazione della destra, a Vercelli, la proiezione del film su Katyn; l'Unione Sud Tirol (nientemeno) contesta la statua dell'alpino; per fortuna ci rassicurano le dichiarazione di Fini non quanto, però, ci pacifichi sapere che Berlusconi festeggerà il 25 aprile...; e ancora: La Russa diffama, il presidente Napolitano fa chiarezza - la Liberazione non è un residuato bellico, è un valore unitario -. Noi non avevamo dubbi, Presidente, ai giovani ne parliamo con ricchezza anche di documenti. A che scopo queste querelles da due soldi, a che serve riempire pagine e pagine di notizie che di nuovo hanno poco, di valore proprio nessuno.

Cosa significa oggi libertà d'informazione? Non coincide più, neanche casualmente o per prodigio, con onestà intellettuale? Con quali argomentazioni un insegnante può sostenere l'importanza, nella formazione dei giovani, della lettura del giornale? Non sono confusi già abbastanza i giovani? (Forse pochi sanno che da anni il Ministero dell'Istruzione destina fondi considerevoli, spartiti tra pochi, per il progetto "il giornale in classe" e che giacciono intoccate pile di grandi quotidiani nazionali nei magazzini, intoccate fino a quando si pensa bene di utilizzarli per assorbire la pioggia che copiosamente penetra dal soffitto in una scuola costruita solo nove anni fa, ma questa è un'altra storia).

Poi senti che l'Unità dedica 6 pagine al Grande fratello; ma i reality non erano il trash assoluto, la sentina del marciume peggiore, una specie di Sodoma e Gomorra in versione moderna?

E dov'è finito il rigore dei vari Furio Colombo o Antonio Padellaro? Ma forse c'è una lettura diversa di questa specie di svolta, forse non è incoerente del tutto , forse è tutt'altro: è nazional-popolare proprio secondo le teorie di Gramsci; in altri termini gli intellettuali si sono piegati al "pensiero unico" veicolato dalla televisione di regime. Ora va a finire che nobilitiamo la televisione di regime.

Va a finire che alle innumerevoli pagine sul "Caso Liberazione" preferiamo l'interesse (di matrice sociologica?) riservato al Grande fratello.