lunedì 18 maggio 2009

REFERENDUM
L ibertà? un tic linguistico


L’operazione più grande che la politica è riuscita a fare dagli anni 90 in poi è quella di essere riuscita a mettere la maschera alla cultura, annullando e svuotando la persona della forza, della libertà, del pensiero, della capacità critica, della autonomia di decidere.
La politica ci ha svuotato di valori, ci ha sistemati in comodi salotti, ci ha educati all’ascolto passivo e ad essere indifferenti ai problemi del paese.
La politica del consenso e della libidine dei sondaggi ha via via demolito i partiti e le regole elettorali, distruggendo così i luoghi di selezione delle classi dirigenti. Sono più di quindici anni che in Italia votiamo violando la Costituzione. Il nostro paese, però, è ancora un paese di democrazia parlamentare o ce ne siamo dimenticati? sulla scheda elettorale non può essere indicato il nome del primo ministro, ciò spetta al presidente della Repubblica.
Abbiamo violato le regole, abbiamo violato la Costituzione e abbiamo fatto silenzio, abbiamo avuto timore di non disturbare il manovratore, desiderando forse un paese migliore.
Ma all’orizzonte della politica un paese migliore non c’è.
Il partito di Berlusconi, il Popolo delle libertà, riduce proprio la libertà ad un tic linguistico, privo di valori, luogo di senso comune, meta manifesta di puro qualunquismo.
Berlusconi vuole mandare in pensione la Costituzione dei partiti che la scrissero all’indomani del fascismo, per iniziare un periodo di governo con un unico partito, il suo. Il leader della PdL aveva addirittura pensato al voto per delega.
Del governo del partito unico abbiamo già fatto una brutta e drammatica esperienza in passato e non vogliamo ripeterla.
L’istituto del referendum è il nostro sistema, è il nostro metodo più autentico di partecipazione, lo dobbiamo difendere ma abbiamo anche il dovere di usarlo bene perché il rischio che, il 21 giugno, diventi opinione di soldatini al comando del capo è veramente grande e reale.
La vittoria del SI assegna il 55% dei seggi al partito che prende un voto in più rispetto a tutti gli altri.
Un simile sistema libera le mani da ogni regola e da ogni principio e dà il potere assoluto di decidere al potente, al leader del momento. Un così grande potere non lo ebbe neanche il rappresentante della monarchia assoluta del '700. Infatti il re, pur avendo potere assoluto di vita e di morte, nelle sue scelte era comunque condizionato dal rispetto dell’equilibrio di corte.
La vittoria del SI premia il partito di Berlusconi, che ha un vantaggio almeno di 15 punti sul PD, e comunque risolve sempre in favore del premier quel vergognoso meccanismo delle candidature in più collegi. Il SI dà al partito vincente il diritto di portare in parlamento tutti gli amici più allineati ai desideri del premier.
Il SI in questo referendum significa scrivere la parola fine alla democrazia dei partiti e iniziare un lungo periodo di potere del Partito delle libertà e del suo incontrastato padrone..
Non arriva da nessuna parte politica la chiarezza delle idee e la volontà di far rispettare il valore del referendum, ed esprimere sulla scheda un si o un no è un rischio troppo grande.
I due partiti maggiori sono per il Si, che concentra il potere nelle oligarchie a svantaggio della pluralità politica da sempre custode della democrazia.
L’astensione per noi può essere l’unico modo per evitare la deriva e difendere quel poco di democrazia che rimane e che la Costituzione ci garantisce.
Non possiamo continuare a restare in silenzio ad assistere alla demolizione della vita democratica del nostro paese, dobbiamo reagire, dobbiamo costituirci in un comitato per l’astensione, dobbiamo condividere ad alta voce con i cittadini le ragioni e i motivi del nostro dissenso.

di
Luigi Mangia e Tommaso Calò