Ricordando Eluana Englaro
di Maria Chiara Piscopo
Son passati due anni dalla morte di Eluana Englaro, vittima due volte, e del suo destino amaro e delle aspre ed ingiuste polemiche che l’hanno accompagnata. Il paese dava, in quei giorni, l’immagine di uno stadio di calcio con i “TIFOSI” che si dividevano in curva nord e curva sud, ognuno con le proprie certezze, ognuno con le proprie verità assolute, talmente miopi - i più - da non renderci conto che, in materie come queste, non esistono principi universali, non esistono leggi insindacabili per poter stabilire l’ora, il giorno, il modo di condurre gli ultimi istanti della nostra vita. Ma si sa, questo è uno strano paese; è come se la morale, la legalità, il senso civico, vadano applicati ad intermittenza e mai per tutti con la stessa oggettività e giustezza. Un paese di benpensanti che si arrabbia, urla, giudica una scelta di vita, definendola immorale, censurabile, se non omicida, che tuona anatemi contro un padre – coi suoi silenzi discreti e la verità nelle sue misurate parole - colpevole di avere preteso per sua figlia quella che era per loro la giusta morte. Quello stesso paese oggi, di colpo evoluto e progressista, è pronto a far quadrato difendendo strenuamente “vizietti” privati di personaggi pubblici, e possibili reati indifendibili, in nome di una Privacy violata, di una persecuzione seriale e quant’altro, perché l’imputato non si chiama Peppino Englaro. Ecco, siamo dunque diventati così schizofrenici e manichei pronti ad assolvere qualcuno con un pater ave gloria perché ricco e potente e condannare alla gogna chi lotta in un paese laico per i propri ideali, per i propri principi, per i propri credo? Al di là di ogni sterile polemica ed inutili strumentalizzazioni, quello che oggi sommessamente ma con determinazione rispettosa si può fare è non dimenticare ELUANA, una ragazza la cui vita si è fermata a ventidue anni e il privatissimo (ma universale) dolore di un padre, testimonianza della sopravvivenza di un’Umanità dignitosa.